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La sindrome PFaPa 20 anni dopo: quando diagnosticarla, come trattarla?

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La sindrome PFaPa 20 anni dopo:

quando diagnosticarla, come trattarla?
Maria Antonietta Pelagatti, Roberta Caorsi, Silvia Federici, Marco Gattorno
U.O. Pediatria II, Istituto G. Gaslini e Dipartimento di Pediatria, Università di Genova
Riassunto
Le manifestazioni cliniche associate alla sindrome PFAPA presentano un ampio grado di sovrapposizione con quelle presenti nelle febbri periodiche con
una precisa eziologia molecolare: la febbre familiare mediterranea, la sindrome TRAPS, e il deficit di mevalonato chinasi (o sindrome con Iper IgD). Per
questo motivo i criteri diagnostici attualmente in uso per la PFAPA si sono dimostrati poco specifici per tale condizione in quanto numerosi pazienti affetti da
febbri periodiche geneticamente determinate possono soddisfare tali criteri. Questa revisione è mirata ad illustrare le problematiche legate alla diagnostica
differenziale nei pazienti affetti da febbre periodica e le più recenti novità nell’approccio terapeutico alla sindrome PFAPA.

Introduzione
La sindrome PFAPA (dall’acronimo inglese: periodic fever, aphthous
stomatitis, pharyngitis and cervical adenitis) è una entità clinica di
origine infiammatoria caratterizzata da febbre periodica, associata
ad almeno uno delle seguente manifestazioni cliniche: aftosi orale,
faringo-tonsillite eritematosa o essudativa e linfoadenite latero-cervicale
(Marshall, 1987). Tali episodi si distinguono dalle normali infezioni
ricorrenti dei primi anni di vita per l’esordio in pieno benessere,
l’assenza di chiari segni di infezione delle alte vie respiratorie, la
peculiare tendenza ad una periodicità talvolta estremamente regolare,
la tendenza all’auto-risoluzione con scarsa risposta alla terapia
antibiotica (Thomas, 1999; Padeh, 1999; Tasher, 2006).
La prima descrizione come entità clinica distinta risale al 1987,
quando Marshall e collaboratori descrivevano il primo gruppo di 12
bambini che presentavano le caratteristiche cliniche sopra citate
(Marshall, 1987). L’esordio della malattia avviene generalmente entro
i 5 anni di età e si caratterizza per episodi ricorrenti di febbre elevata
della durata di 3-6 giorni, con periodo intercritico regolare. Gli
episodi febbrili sono in genere prontamente responsivi alla terapia
steroidea per via orale. I pazienti mostrano un completo benessere
nei periodi intercritici ed un normale accrescimento staturo-ponderale
ed un adeguato sviluppo cognitivo. Gli esami di laboratorio
dimostrano un quadro di leucocitosi ed un aumento degli indici di
flogosi in concomitanza degli episodi febbrili, con completa normalizzazione
di tali parametri negli intervalli tra gli attacchi.
La diagnosi di PFAPA è eminentemente clinica e viene stabilita sulla base
dei criteri proposti per la prima volta nel 1989 (Marshall, 1989) e successivamente
modificati da Thomas et al. (Thomas, 1999), aggiungendo ai
criteri esistenti l’esclusione formale della neutropenia ciclica (Tab. I).
Sia i criteri diagnostici proposti nel tempo che le casistiche descritte
negli anni successivi non hanno tuttavia preso in considerazione la
Tabella I.
Criteri diagnostici per la sindrome PFAPA (da Marshall et al. 1989,
mod. da Thomas et al., 1999).
Episodi febbrili ricorrenti con esordio prima dei 5 anni di età
Sintomi costituzionali, in assenza di infezioni delle alte vie respiratorie
con almeno uno tra:
• Stomatite aftosa
• Linfadenite cervicale
• Faringite
Esclusione della neutropenia ciclica mediante controlli seriati dei globuli
bianchi prima, durante e dopo i periodi sintomatici
Periodi asintomatici tra gli accessi febbrili
Normale crescita staturo-ponderale e normale sviluppo psico-fisico
Tabella II.
Principali cause di febbre periodica in età pediatrica.
Malattie Infettive Infezioni ricorrenti delle alte vie respiratorie
Infezioni delle vie urinarie
Virali (EBV, Parvovirus B19, HSV 1 e 2)
Batteriche (infezioni occulte, Borrelia, Brucella)
Parassitarie (Malaria)
Difetti immunitari
congeniti
Immunodeficienze primitive
Neutropenia ciclica
Malattie
infiammatorie
multifattoriali
Malattia di Behcet
Lupus eritematoso sistemico
Malattia di Crohn
Malattie
Autoinfiammatorie
ereditarie
Febbre Familiare Mediterranea
Deficit parziale di mevalonato-chinasi (Iper IgD)
Sindrome TRAPS
Sindrome di Muckle-Wells
Malattie neoplastiche Leucemia linfoblastica acuta
Leucemia mieloide acuta
Linfoma (Febbre di Pel Epstein)
Forme idiopatiche Sindrome PFAPA
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M.A. Pelagatti et al.
Tabella III.
Basi genetiche e caratteristiche cliniche delle sindromi autoinfiammatorie ereditarie.
Malattia Gene Ereditarietà Caratteristiche cliniche
Febbri periodiche Febbre familiare mediterranea MEVF AR Breve durata degli episodi febbrili associati a dolori
addominali e toracici.
Rash simil-erisipela al dorso del piede, artrite.
Risposta alla Colchicina
Sindrome da Iper IgD MVK AR Esordio precoce
Durata episodi febbrile di 3-5 giorni
Rash cutaneo e interessamento addominale
TRAPS TNFRSF1A AD Lunga durata degli episodi febbrili ( > 10 giorni).
Edema periorbitale, mialgie, dolore scrotale.
Sindromi associate
alla famiglia NALP
FCAS
S. di Muckle-Wells
CINCA
NALP3 (CIAS1) AD Orticaria e febbre scatenata dall’esposizione al freddo
Orticaria cronica, sordità neurosensoriale, amiloidosi
come sopra + displasie ossee, ritardo intellettivo, meningite
cronica
Sindrome periodica
associata a NALP12
NALP12 AD Lesioni orticarioidi, artro-mialgie e febbre scatenati
dall’ esposizione al freddo, sordità neurosensoriale
Malattie piogeniche PAPA CD2BP1(PSTPIP1) AD Episodi ricorrenti di artrite asettica responsiva a FANS/
steroide, pioderma gangrenoso, acne.
S. di Majeed LPIN2 AR Osteomielite cronica multifocale ricorrente associata
ad anemia congenita diseritropoietica e dermatosi
neutrofilica
Malattie granulomatose Sindrome di Blau CARD15 (NOD2) AD Artrite poliarticolare granulomatosa ad esordio precoce
Rash cutaneo, panuveite
TRAPS: Tumor necrosis factor (TNF) receptor-associated periodic syndrome; TNFRI: recettore per TNF tipo I; FCAS: Familial cold autoinflammatory syndrome;
CINCA: Chronic Infantile Neurological Cutaneous Articular syndrome; PFAPA: periodic fever, aphthous stomatitis, pharyngitis, adenitis; PAPA: Pyogenic
Sterile Arthritis, Pyoderma Gangrenosum, Acne
possibile sovrapposizione clinica tra la sindrome PFAPA e un gruppo di
malattie infiammatorie ricorrenti molecolarmente definite anch’esse
caratterizzate da febbre ricorrente: le febbri periodiche monogeniche.
Tali malattie presentano un ampio margine di sovrapposizione con la
PFAPA, tale da mettere in seria discussione la specificità dei criteri
diagnostici per la PFAPA attualmente utilizzati. È importante qui sottolineare
che la sindrome PFAPA non riconosce al momento una chiara
origine genetica ed è caratterizzata, al contrario delle forme ereditarie,
da una evidente tendenza alla risoluzione spontanea nel tempo.
Obiettivi della revisione
Fare il punto sulla reale utilità della PFAPA, dei criteri diagnostici
attualmente in uso per la distinzione dalle forme periodiche molecolarmente
definite sulla base delle evidenze emerse dalla recente
letteratura ed illustrare le principali novità relative alle possibili strategie
terapeutiche.
A questo fine sono stati analizzati i lavori relativi a questi argomenti
pubblicati nel corso degli ultimi 5 anni utilizzando come motore di
ricerca PubMed con le seguenti parole chiave: PFAPA, treatment, differential
diagnosis, tonsillectomy. Sono state anche considerate le
novità provenienti dall’ultimo congresso internazionale sulle sindromi
Autoinfiammatorie tenutosi a Roma nell’Aprile 2008 (Gattorno, 2009).
La diagnosi differenziale nelle forme febbrili
periodiche
La presenza di una febbre periodica o ricorrente non è assolutamente
esclusiva di una PFAPA o di una febbre periodica su base molecolarmente
definita. Di fronte a una condizione di questo genere è
pertanto necessario considerare un ampio ventaglio di condizioni
a genesi infettiva, autoimmune ed emato-oncologica che entrano
pertanto in diagnostica differenziale (Long, 2005) (Tab. II).
Tuttavia, le forme che più frequentemente presentano il più alto grado
di sovrapposizione con la PFAPA sono le sindromi autoinfiammatorie
periodiche molecolarmente definite. Si tratta di malattie in-
fiammatorie periodiche che fanno parte del più ampio spettro delle
cosiddette malattie autoinfiammatorie, legate a mutazioni dei geni
coinvolti nella regolazione della risposta infiammatoria (Tab. III).
Come la PFAPA, anche le febbri periodiche su base molecolarmente
definite sono caratterizzate da accessi febbrili spesso accompagnati
da sintomatologia muco-cutanea, gastrointestinale e articolare. Si
tratta in particolare della Febbre Familiare Mediterranea, della sindrome
TRAPS e della sindrome da difetto incompleto di mevalonatochinasi,
già nota come Sindrome con IperIgD. Per una revisione recente
di queste malattie si rimanda alle referenze (Gattorno, 2008a)
e (Touitou e Kone-Paut, 2008).
Limiti dei criteri diagnostici della PFAPA attualmente
esistenti
L’ampliamento delle conoscenze sulle caratteristiche cliniche proprie
delle febbri periodiche monogeniche in età pediatrica (Frenkel,
2001; Bakkaloglu, 2003; D’Osualdo, 2005; D’Osualdo, 2006) ha permesso
di comprendere il grado di sovrapposizione di queste ultime
forme con la forma idiopatica attualmente nota con il termine PFAPA,
come testimoniato da una serie di osservazioni cliniche (Atas, 2003;
Saulsbury e Wispelwey, 2005).
Un recente studio ha analizzato la specificità degli attuali criteri
PFAPA in una ampia casistica di 234 bambini con febbre periodica
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La sindrome PFAPA 20 anni dopo: quando diagnosticarla, come trattarla?
caratterizzati dal punto di vista molecolare per le tre forme monogeniche
note (geni MEFV, MVK e TNFRSF1A). Dei 112 pazienti che soddisfacevano
i criteri clinici per PFAPA, ben 20 erano in realtà affetti
da malattie monogeniche autoinfiammatorie (15 Iper IgD, 4 TRAPS,
1 FMF) e altri 30 erano comunque portatori di mutazioni a bassa
penetranza (come la R92Q per il gene TNFRSF1A) o eterozigoti per
mutazioni del gene MEFV (Fig. 1) (Gattorno, 2008b). Tale dato indica
la bassa specificità dei criteri PFAPA nell’ individuare i pazienti con
febbre periodica di natura “idiopatica”, ma soprattutto la necessità
di dover formalmente escludere una forma periodica su base monogenica
prima di poter porre diagnosi di PFAPA.
Uno score diagnostico per individuare i pazienti con
febbre periodica a più alto rischio di essere portatori
di mutazioni dei geni noti
L’indagine molecolare rappresenta ovviamente l’elemento diagnostico
dirimente per poter distinguere le forme ereditarie di febbre
periodica dalla PFAPA. Tuttavia, la diffusione della conoscenza di
queste forme da parte della comunità pediatrica ha comportato un
notevole aumento di richieste delle analisi molecolare dei geni associati
a febbre periodica, con la conseguente necessità di giungere ad
Figura 1.
Distribuzione dei pazienti che soddisfano i criteri PFAPA tra quelli affetti
da febbri periodiche (Iper IgD, TRAPS, Febbre familiare mediterranea),
quelli portatori di mutazioni a bassa penetranza del gene TNFRS1A o
eterozigoti per MEFV e i pazienti geneticamente negativi.
Tabella IV.
Differenze cliniche tra i pazienti con febbre periodica negativi allo screening genetico e i pazienti con forme periodiche geneticamente determinate.
HIDS TRAPS* TRAPS R92Q MEFV omoz. MEFV eteroz. Negativi
N. 18 7 15 13 39 142 P
Età di esordio in mesi (media ± DS) 10,4 ± 8,2 17,8 ± 17,1 58,8 ± 66,4 16,6 ± 11,2 29,6 ± 44 68 ± 102 0,0001
Durata attacco (giorni) (media ± DS) 4,3 ± 1,4 15,2 ± 7 4,7 ± 3,7 3,1 ± 2,0 5,8 ± 9,1 6,4 ± 10,3 0,001
Familiarità (%) 17 86 7 19 21 10 0,0001
Periodicità (%) 66 66 61.5 57.1 59.1 55 NS
Stomatite aftosa (%) 38 14 40 16 38 43 0,04
Faringite (%) 78 72 66 44 81 60 NS
Rash (%) 66 43 34 9 40 29 NS
Linfoadenopatia laterocervicale (%) 95 43 60 42 58 61 0,007
Dolore addominale (%) 100 86 60 92 62 45 0,0001
Diarrea (%) 72 57 44 25 41 19 0,0001
Artralgie (%) 72 43 27 42 47 42 NS
Mialgie (%) 50 50 54 44 16 44 0,01
Dolore toracico (%) 6 15 14 42 5 6 0,01
una razionalizzazione della loro esecuzione, anche in considerazione
degli alti costi e della complessità connessa a tali indagini.
Appare necessario pertanto individuare dei criteri clinici in grado di
individuare i pazienti con più alto rischio di essere portatori di mutazioni
dei geni noti associati a febbre periodica.
In questo senso, l’analisi della casistica dei 234 pazienti con febbre
periodica sopra-riportata ha permesso di evidenziare quali sono i
sintomi clinici in grado di distinguere i pazienti affetti da febbre periodica
geneticamente determinata (IperIgD, TRAPS, FMF) da quelli
negativi per i geni noti (Gattorno, 2008b).
Lo studio è stato condotto analizzando i dati clinici dei pazienti con sospetta
febbre periodica nei quali è stato possibile analizzare tutti e tre i
geni (MEFV, MVK e TNFRSF1A). Per poter entrare nello studio i pazienti
dovevano presentare un febbre periodica o ricorrente (> 38°C) di natura
sconosciuta, con periodi intercritici liberi da sintomi clinici, incluso la
normalità degli indici di flogosi. Per ogni paziente venivano registrati i
sintomi associati all’episodio febbrile, nonché la frequenza con cui gli
stessi si ripresentavano ad ogni episodio (talvolta, spesso, sempre). La
Tabella IV mostra la diversa frequenza dei sintomi rilevati nelle forme
geneticamente determinate e nei pazienti geneticamente negativi.
L’analisi di regressione logistica univariata delle diverse variabili ha
permesso di identificare le manifestazioni cliniche in grado di distinguere
i soggetti geneticamente positivi da quelli negativi per i
geni noti. Le variabili così ottenute sono state inserite in un modello
di analisi multivariata che ha permesso di individuare un insieme
di 6 variabili indipendenti (età di esordio, storia familiare positiva,
presenza di dolore addominale, dolore toracico e diarrea nel corso
dell’ episodio, assenza di stomatite aftosa) in grado di identificare
i pazienti a più alto rischio di essere portatori di una mutazione di
uno dei tre geni, tenendo anche in considerazione la frequenza delle
variabili considerate nei diversi episodi febbrili (Gattorno, 2008b).
La combinazione lineare di queste variabili, pesate ciascuna con il
coefficiente stimato dal modello logistico utilizzato, ha permesso di
mettere a punto uno Score Diagnostico in grado di determinare il
grado di probabilità per un determinato paziente di risultare positivo
al test genetico. La sensibilità e la specificità di questo Score Diagnostico
sono state quindi verificate sul secondo sottogruppo di 71
pazienti (Validation set), mostrando un’elevata sensibilità (87%) e
specificità (72%) (Gattorno, 2008b).
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M.A. Pelagatti et al.
Pertanto, di fronte ad ogni paziente per il quale si sospetta una febbre
periodica, il calcolo dello score (facilmente eseguibile al sito www.
printo.it/periodicfever) permette di individuare il grado di rischio di
essere portatore di una mutazione. Secondo quanto descritto i pazienti
ad alto rischio dovrebbero essere sottoposti ad analisi genetica,
scegliendo il gene da analizzare sulla base di alcuni parametri
clinici (etnia, durata degli episodi febbrili, presenza di splenomegalia
e/o vomito) (Fig. 2). I pazienti a basso rischio dovrebbero invece
essere seguiti longitudinalmente per valutare l’eventuale comparsa
di nuove manifestazioni cliniche o la tendenza alla risoluzione
spontanea degli episodi febbrili, come spesso si osserva nei pazienti
PFAPA geneticamente negativi (Fig. 2). Uno studio ancora più recente
ha confermato l’utilità dello Score Diagnostico nel distinguere, tra
i bambini che soddisfano i criteri PFAPA, i soggetti geneticamente
positivi da quelli negativi (Caorsi, 2008). Dal punto di vista pratico
appare pertanto proponibile avviare ad indagine genetica solo i pazienti
con un fenotipo PFAPA ad alto rischio allo score diagnostico.
Al contrario, i pazienti con fenotipo PFAPA a basso rischio possono
essere diagnosticati come tali senza bisogno di escludere le altre
forme periodiche monogeniche tramite l’analisi genetica.
Principali novità terapeutiche per la PFAPA
I pazienti PFAPA mostrano una drammatica risposta alla terapia steroidea
per os, con pronta risoluzione dei sintomi anche in seguito
ad una mono-somministrazione del farmaco. Tale provvedimento,
previa attenta esclusione di episodi infettivi intercorrenti, rappresenta
pertanto il trattamento di scelta, tanto da indurre alcuni Autori
a proporre di introdurre la pronta risposta allo steroide tra i criteri
clinici suggestivi di PFAPA.
L’osservazione di possibili fenomeni di rebound (riavvicinamento
degli episodi febbrili, aumento progressivo della dose minima di steroide
efficace) e la mancanza di dati relativi alla persistenza dell’ef-
ficacia a lungo termine del trattamento con steroide all’occorrenza
hanno aperto l’interesse sull’eventuale efficacia di trattamenti di
fondo in grado di ridurre la frequenza e l’intensità degli episodi febbrili.
Alcuni lavori avevano in passato evidenziato una risposta soddisfacente
alla terapia profilattica con cimetidina (Thomas, 1999),
anche se tale dato non è stato successivamente confermati, neanche
dalla recente analisi del registro internazionale per la PFAPA
riportata da M. Hofer (Losanna, CH) nel corso dell’ultimo Congresso
Internazionale sulle sindromi Autoinfiammatorie (Hofer, 2008).
Recentemente è stata riportata la risposta di 9 pazienti al trattamento
continuativo con Colchicina (Tasher, 2008). I pazienti selezionati
presentavano un numero di episodi febbrili superiore a 2 al mese e
sono stati trattati con un dosaggio tra 0.5 e 1 mg per un periodo di
6-48 mesi. Il trattamento con colchicina ha indotto un significativo
aumento dell’intervallo libero da episodi nella maggior parte dei
pazienti (8 su 9), passando da una media di un episodio ogni 1,7
settimane nel periodo pre-trattamento a 8,4 settimane nel follow-up
(Tasher, 2008). Come per altri studi, l’estrema esiguità della casistica
e l’assenza di una randomizzazione non ha permesso di evitare
il bias più rilevante in questo tipo di studi sulla PFAPA che è legato
alla normale tendenza alla riduzione spontanea della frequenza degli
episodi nel corso del tempo. Ancor più anedottica la segnalazione di
una soddisfacente risposta alla talidomide in un paziente di 22 anni
con una lunga storia di episodi febbrili ricorrenti (Marque, 2007). La
scarsa maneggevolezza di questo farmaco legato al potenziale teratogeno
ed il rischio di effetti collaterali per l’uso prolungato, come
la neuropatia periferica, sembra tuttavia limitare significativamente
l’effettiva utilità di questo approccio terapeutico.
Nel corso degli ultimi anni una serie di studi ha cercato di analizzare
l’utilità della tonsillectomia nella PFAPA, con risultati abbastanza
discordanti (Dahn, 2000; Galanakis, 2002; Parikh, 2003; Licameli,
2008; Wong, 2008). Tale variabilità è verosimilmente legata all’esiguità
delle casistiche riportate, alla scarsa omogeneità delle casistiche
studiate e dalla difficoltà di poter discriminare il risultato dell’intervento
dalla naturale tendenza alla risoluzione spontanea della
malattia (Leong, 2006).
In questo senso, recentemente è stato riportato da Renko e collaboratori
il primo studio randomizzato che ha coinvolto 26 pazienti PFAPA
(Renko, 2007). Quattordici pazienti sono stati sottoposti ad intervento
di tonsillectomia, risultando tutti liberi da sintomi dopo 6 mesi di
follow-up; dei 12 pazienti restanti, non sottoposti a chirurgia, solo 6
risultavano in remissione al follow-up. Pur con gli evidenti limiti legati
all’esiguità del follow-up successivo all’intervento, e qualche dubbio
sollevato in merito alla corretta caratterizzazione dei pazienti (Hofer,
2008), questo studio ha il merito di cercare di affrontare con metodo
scientifico il difficile argomento della valutatone oggettiva dei possibili
provvedimenti terapeutici nei pazienti affetti da PFAPA.
Conclusioni e prospettive per il futuro
L’identificazione di un nuove forme di febbre periodiche di natura
genetica ha evidenziato la necessità di dover distinguere queste
ultime malattie dalla forma “idiopatica” costituita dalla PFAPA. Lo
score diagnostico recentemente messo a punto si è rilevato utile nel
distinguere i pazienti con più alta probabilità di essere portatori di
mutazioni dei geni responsabili di febbre periodica su base genetica
e si propone come un utile strumento evidence-based per razionalizzare
il ricorso all’analisi molecolare e per la più precisa identifi-
cazione dei soggetti PFAPA su basi cliniche. Il miglioramento della
definizione diagnostica delle varie forme di febbre periodica potrà
permettere uno studio più accurato della storia naturale della PFAPA
e la messa a punto di studi in grado di analizzare adeguatamente la
reale efficacia dei possibili trattamenti proposti per ridurre l’impatto
della malattia sulla qualità di vita dei pazienti affetti.
Figura 2.
Proposta di flow-chart diagnostica nei pazienti con febbre periodica
(Gattorno, 2008). Lo score diagnostico può essere facilmente calcolato
sul sito www.printo.it/periodicfever, inserendo l’età di esordio, la presenza
di familiarità e la frequenza nei diversi episodi di lesioni aftose al
cavo arale, dolore addominale, diarrea e dolore toracico.
161
La sindrome PFAPA 20 anni dopo: quando diagnosticarla, come trattarla?
Cosa si sapeva ieri
La definizione clinica della sindrome PFAPA risale a circa 20 anni or sono. I quel periodo non erano ancora noti i difetti molecolari responsabili delle
forme di febbre periodica che riconoscono una precisa eziologia molecolare. Il primo gene (MEFV) responsabile della Febbre familiare Mediterranea è
stato infatti individuato nel 1997.
Cosa si sa oggi
I criteri diagnostici attualmente in uso per la PFAPA si sono dimostrati scarsamente utili nel differenziare i pazienti PFAPA da quelli affetti dalle febbri
periodiche geneticamente determinate. L’analisi delle manifestazioni cliniche associate agli episodi febbrili in una ampia casistica di bambini con febbre
periodica ha permesso di mettere a punto uno score diagnostico in grado di identificare i soggetti a maggior rischio di essere portatori di una forma di
febbre periodica su base genetica.
Cosa ci attendiamo nel futuro
L’utilizzo dello score diagnostico permetterà una razionalizzazione dell’impiego dell’analisi molecolare e una più puntuale classificazione dei soggetti
con febbre periodica. La possibilità di disporre di casistiche più omogenee faciliterà l’esecuzione di studi clinici controllati in grado di valutare la storia
naturale della malattia, il reale impatto sulla qualità di vita e l’efficacia dei trattamenti proposti.
Box di orientamento
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* Analisi della possibile efficacia della Colchicina nel ridurre la frequenza degli
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dott. Marco Gattorno, U.O. Pediatria II, Istituto G. Gaslini, largo G. Gaslini 5, 16147 Genova. Tel. +39 010 5636793. E-mail: marcogattorno@ospedale-
gaslini.ge.it
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